Le due strade per far ripartire la Sinistra del Brancaccio.
“L’appello firmato da Luciana Castellina e da tante altre personalità pubbliche della Sinistra italiana, e i numerosi altri appelli giunti da tutta Italia in questi giorni tormentati, meritano una risposta seria e responsabile.
Il percorso del Brancaccio è stato il tentativo di costruire una lista che accogliesse, unisse e portasse in Parlamento la Sinistra più diffusa, concreta e carica di futuro. Quella dei cittadini, e delle tante lotte e vertenze disseminate nel Paese, per la difesa di un posto di lavoro, di un territorio, di un bene comune, di uno spazio, un diritto, un servizio o un principio. Quella della Costituzione, e della vittoria del 4 dicembre.
Abbiamo proposto di farlo non contro, ma con, i partiti: in un’alleanza per la democrazia e l’uguaglianza. Perché, come ci ha ricordato anche ieri Maurizio Landini “il problema non è mettere insieme cose che già ci sono, ma innescare un nuovo processo”.
Ci siamo fermati quando abbiamo avvertito con nettezza, nei soggetti organizzati, la paura di mettersi in gioco fino in fondo, preferendo ad una partita in campo aperto il tratto autoconsolatorio dell’identità, e quello politicista dell’autoconservazione: si stava, e si sta andando, verso la somma di tre partiti già esistenti.
Se l’assemblea del 18 novembre rischiava di liquidare ogni anelito unitario, quella del 3 dicembre si sta costruendo – sono parole dell’appello cui rispondiamo – come mera “ratifica di una scelta interna al tavolo dei partiti”. Una scelta legittima, certo: ma assai diversa dal “nuovo processo” che avremmo voluto, e che ci siamo promessi al Brancaccio.
Ora, e prima che sia troppo tardi, con sforzo d’immaginazione e ottimismo della volontà, ci par di vedere un solo modo per rimettere in carreggiata quel processo: costruire un processo autenticamente democratico di cui nessuno abbia il controllo.Un’assemblea che possa decidere, liberamente e realmente, su programma, leadership, criteri delle candidature, comitati etici e di garanzia.
Crediamo che ci siamo ancora due modi per arrivare a questo risultato. Il primo è costruire un percorso completamente diverso da quello deciso al tavolo dei partiti: ci vuole un percorso di elezione di delegati che non preveda membri di diritto, né liste bloccate proposte dalle presidenze delle assemblee (e composte per quote di partito stabilite a tavolino), ma una libera competizione elettorale tra liste diverse, che rappresentino modi diversi di intendere la Sinistra, mescolando le appartenenze e mettendo al centro i progetti.
Ma perché un simile percorso sia davvero credibile e partecipato occorre più tempo per presentarlo e per stimolare la massima affluenza possibile: è dunque necessario rinviare l’assemblea finale già convocata per il 3 dicembre.
Il secondo modo è mantenere, invece, quella assemblea del 3 dicembre: ma non costruendola per delegati, bensì aprendola a tutto il popolo della Sinistra, in un grande evento democratico le cui decisioni finali nessuno possa predeterminare in anticipo.
Una assemblea in cui migliaia di persone presenti fisicamente, e altre migliaia sulla rete, possano votare a suffragio universale su programma, leadership, criteri delle candidature, comitati etici e di garanzia.
Rimettiamo ai partiti la scelta tra queste due strade: a noi sta a cuore il risultato finale. Che è uno solo: riannodare i fili con chi ha perso la speranza, e non vota più, e far contare davvero la volontà di chiunque aspira a partecipare alla costruzione dal basso della Sinistra che ancora non c’è.
Aspettiamo una risposta pubblica a queste nostre proposte. Se sarà chiara, definitiva e coerente con i suddetti obiettivi, ci impegniamo a sottoporla al voto online di tutti gli aderenti al percorso del Brancaccio perché decidano, se la condividono, di impegnarsi nel percorso delineato. Non è, infatti, in questione la partecipazione di due persone a un tavolo di mediazione, ma l’apporto – di idee, di passione, di energie – delle migliaia di persone che hanno dato vita alle nostre assemblee negli ultimi mesi.
La strada è stretta, ma non ci stanchiamo di cogliere ogni opportunità per realizzare ciò che chiedeva il nostro appello di giugno: una lista a sinistra del Pd (e ad esso radicalmente alternativa, senza se e senza ma) che sia unica, credibile, innovativa e partecipata.
Nuova, insomma: e capace di invertire la rotta, di rovesciare il tavolo delle ingiustizie e delle diseguaglianze. È davvero l’ultima possibilità di costruire qualcosa di nuovo: non perdiamola. Grazie”. (Tomaso Montanari e Anna Falcone).
Nel 2016 i pazienti trattati dalle unità operative sul Gioco d’azzardo patologico (Gap) in Sardegna sono stati complessivamente 616, di cui 506 uomini e 110 donne. Il 77% di questi pazienti ha avuto una diagnosi principale di Gap, il restante 23% una doppia diagnosi, dalla psicosi al disturbo d’ansia generalizzato. Una settantina di pazienti, quasi tutti uomini, ha altre dipendenze da alcool o droghe. Per contrastare il fenomeno del Gap, sempre più in crescita, la Regione ha stanziato quasi un milione e mezzo di euro, che serviranno per rafforzare le unità operative sul territorio e dare attuazione al “Piano Regionale 2017 Gap”. “In Italia, secondo i dati dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, 17 milioni di persone almeno una volta hanno giocato nella loro vita – ha spiegato l’assessore della Sanità, Luigi Arru -, e, a causa di giochi come i gratta e vinci, il 14,6% è a rischio dipendenza, mentre parecchi vengono considerati giocatori problematici, potendo ricorrere al gioco su internet anche stando a casa. La cura e la prevenzione di questa dipendenza è entrata tra i Livelli essenziali di assistenza (Lea), e come assessorato abbiamo approvato il Piano regionale 2017 Gioco d’azzardo patologico (Gap), che comprende sia interventi di prevenzione che di cura e riabilitazione, grazie al coinvolgimento degli enti locali, del mondo scolastico, della famiglia e dell’ambiente lavorativo”.
Per la rassegna letteraria “Leggendo ancora insieme”, venerdì 24 novembre, alle 17.30, presso l’Antiquarium Arborense, a Oristano, ospiterà la presentazione del libro di Gian Giacomo Ortu “La Sardegna tra Arborea e Aragona”. Dialoga con l’autore Giampaolo Mele.
Il 14 giugno 1323 l’esercito della Corona d’Aragona, al comando dell’infante Alfonso, sbarca in Sardegna e avvia con l’assedio di Iglesias la conquista dell’isola. Per la gran parte degli storici si avvia così la tormentata storia della “Sardegna aragonese”, di una Sardegna cioè ineluttabilmente destinata a subire il dominio iberico. Sin dal titolo, l’opera di Ortu ricostruisce un’altra e più complessa storia: quella del drammatico confronto militare, politico e di civiltà sviluppatosi nel XIV e XV secolo tra l’Arborea, il più vitale dei Giudicati sardi, e la Corona d’Aragona, la potenza emergente sulla scala mediterranea. Nella narrazione dell’epopea arborense” emergono figure, eventi e processi di straordinario rilievo, sullo sfondo di un’Europa tardo-medievale che con la Guerra dei Cento Anni tra Francia e Inghilterra e con la sfida nel Mediterraneo tra Genova, Venezia e Barcellona va incubando i germi della modernità: lo Stato moderno, l’economia di mercato, la cultura umanistica e scientifica. La vicenda sarda non è un semplice riflesso di questa “grande storia”, ma una sua parte importante, come confermano le pagine sull’emancipazione delle campagne dalla servitù, sulla genesi delle istituzioni rappresentative, sull’intensa produzione giuridica, di cui la Carta de Logu di Eleonora è una delle più alte espressioni europee.
Venerdì 24 novembre, alle 20.30, alla Società operaia di mutuo soccorso, in via Solferino, a Oristano, appuntamento con Santina Raschiotti e Paolo Vanacore in “Equivoci”, un treno stracolmo di sketch, cabaret e risate. Santina Raschiotti e Paolo Vanacore, pubblici funzionari e giornalisti pubblicisti, provengono da esperienze artistiche nettamente differenti che, curiosamente, hanno avuto inizio per entrambi attraverso la conduzione di eventi e di trasmissioni televisive di cronaca e d’intrattenimento. Le loro strade si incrociano nel 2010, quando sono chiamati a condurre, in coppia, una maratona musicale a scopo benefico. Galeotta, quindi, fu quell’occasione: i tempi e i ritmi dei due si rivelarono complementari, perfetti, coincidenti e naturali, sfociando in un’intesa che, sul palcoscenico, permette loro di completarsi a vicenda. Ma fu solo nel 2013 che i due si rincontrarono, scoprendo che quell’intesa sfociata casualmente sul palcoscenico avrebbe potuto divertire e farli divertire. Fu così che decisero di portare in scena i loro primi spettacoli comici, dei quali loro stessi hanno curato la regia e la realizzazione, con nessuno dei due che è mai protagonista assoluto, né mai solamente spalla dell’altro. Nel 2017 nasce “Equivoci”, una rassegna di sketch comici di stampo prettamente cabarettistico, giunta all’undicesima rappresentazione, che Raschiotti e Vanacore affinano nel tempo, arricchendo il copione iniziale di improvvisazioni di volta in volta spontanee ed esilaranti. E’ proprio per questo che uno spettacolo non è mai perfettamente uguale al precedente. Un’ora di risate o, a seconda di quanto si improvvisa, anche qualche minuto di più perché, come sostengono Santina Raschiotti e Paolo Vanacore , “…si potrà anche fare indigestione di pasta, ma mai di riso!”.
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