Dic 09

Oristanese di 75 anni truffava gli anziani spacciandosi per Peppe Catapano.

In tempi di forte crisi come quelli che stiamo attraversando, molte persone si industriano per sbarcare il lunario come possono. C’è chi lo fa legalmente, e chi si sveglia la mattina pensando a come fregare il prossimo. Un “arzillo” oristanese di 75 anni appartiene alla seconda categoria.

Spacciandosi per Peppe Catapano (noto a Oristano e provincia non solo per essere un sartigliante, ex presidente dell’associazione cavalieri della Sartiglia ed ex Compinodori, ma anche come commerciante di biancheria per la casa e capi di corredo), e sostenendo che l’azienda di famiglia si trovava in difficoltà tali da rendere necessaria la vendita a domicilio, il truffaldino 75enne riusciva a piazzare la biancheria, in particolare a persone anziane.

Nel luglio scorso, sempre con la scusa della difficoltà finanziaria dell’azienda e, talvolta, anche raccontando di vicende relative a persone appartenenti alla famiglia di Peppe Catapano, il truffatore ha venduto la merce “fasulla” (sostenendo che fosse di ottima qualità) a prezzi di realizzo ad alcune famiglie di Pardu Nou e Donigala.

Peppe Catapano (del tutto ignaro di quanto posto in essere dal 75enne), dopo che per diversi anni aveva ricevuto telefonate da parte di persone che si lamentavano per la scarsa qualità della merce acquistata, oppure perché mancavano dei pezzi o per i capi macchiati, visto che la cosa andava avanti da tempo, ha deciso di denunciare la truffa.

Le indagini della Squadra Mobile della Questura di Oristano hanno così permesso di individuare, e deferire all’autorità giudiziaria per i reati di truffa e sostituzione di persona, l’oristanese di 75 anni. Nell’occasione si è anche scoperto che l’anziano era già stato denunciato, oltre che per delle truffe compiute ad Oliena con le stesse modalità di vendita attuate ad Oristano, anche per il reato di furto in una abitazione.

Sondaggi: Pd di Renzi al minimo storico, 24,4%. M5S è primo partito, Forza Italia stacca la Lega. Liberi e Uguali al 6,6. I dem mai così male da quando sono sotto la guida dell’ex presidente del Consiglio. M5S nettamente primo partito, ma lontani dalla soglia che permetterebbe di governare. Al momento solo il centrodestra, con Forza Italia al 16.7, si avvicina alle percentuali che garantiscono la maggioranza. La sinistra unita di Grasso lontana dalla doppia cifra.

Questa la sintesi dell’articolo apparso sul sito de “il Fatto Quotidiano”, che riporta i dati del sondaggio dell’istituto Ipsos di Nando Pagnoncelli.  

Sedici punti in meno rispetto alle Europee di tre anni fa, il 6% lasciato per strada da maggio a oggi: il Pd è al minimo storico nell’era renziana. E le rilevazioni non tengono conto del forfait di Giuliano Pisapia e Angelino Alfano, usciti di scena mercoledì. L’ultimo sondaggio di Ipsos registra il crollo del Partito Democratico e la crescita del Movimento Cinque Stelle, primo partito con il 29,1% delle preferenze, secondo le intenzioni di voto registrate dall’istituto di Nando Pagnoncelli tra il 5 e il 6 dicembre. Comunque ancora molto lontano dalla soglia che permetterebbe di governare. Per quell’obiettivo ha, al momento, qualche chance solo il centrodestra unito che fa segnare il 36 per cento. Mentre la prima rilevazione di Liberi e Uguali si attesta al 6,6%. Non c’è quindi il grande balzo della sinistra unita, ma comunque la coalizione e la guida di Pietro Grasso premiamo le formazioni di sinistra.

Il crollo del Pd, risalgono i Cinque Stelle La rottamazione di Matteo Renzi ha riportato le lancette dei dem indietro di quattro anni: Pier Luigi Bersani nel 2013 si fermò al 25,4% nelle urne, un punto in più di quanto il Pd raccoglierebbe se si votasse oggi. E bisogna comprendere quale effetto avrà l’addio di Alternativa Popolare e Campo Progressista, i cui voti si disperderanno tra centrodestra, dem e Liberi e Uguali. Così ora il Pd è lontanissimo dai risultati del M5S, primo partito con il 29,1% dei voti. Un risultato che avvicina il Movimento al muro del 30% attorno al quale i Cinque Stelle hanno viaggiato tra maggio e giugno 2017.

Centrodestra al 36% guidato da Fi Sopra quella soglia c’è solo il centrodestra unito, grazie al risultato di Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi raccoglierebbe oggi il 16,7 per cento dei voti in netta crescita al 15,1 di luglio e al 13,2 di maggio. La performance degli azzurri permette di staccare la Lega di Matteo Salvini al 14,4 nella partita tutta interna per la guida della coalizione, completata da Fratelli d’Italia che post-congresso arriva al 4,9 per cento.

La sinistra unita piace (ma non troppo) La novità della settimana è rappresentata da Liberi e Uguali, la formazione che tiene insieme i partiti alla sinistra della Pd. Alla prima rilevazione post incoronazione a leader di Pietro Grasso, Liberi e Uguali si attesta al 6,6 per cento secondo Ipsos. La soglia del 10 per cento profetizzata da Massimo D’Alema è ancora lontana, ma comunque l’unità piace agli elettori dell’area di sinistra. A fine ottobre, infatti, Mdp e Sinistra Italiana erano accreditati rispettivamente del 2,8 e 2,6 per cento. L’unione, quindi, ha un suo valore in termini percentuali. E nuovi arrivi sono alle porte dopo lo smembramento di Campo Progressista”. (www.ilfattoquotidiano.it).

“È successo qualcosa, a Sinistra. Finalmente. La nascita di “Liberi e uguali” è un sasso nello stagno. E davvero si deve guardare con enorme rispetto alla soddisfazione delle migliaia di compagne e compagni che hanno partecipato all’assemblea di Roma. E c’è un “però”. Non è possibile non chiedersi se i milioni che a quel processo non hanno partecipato ­– i cittadini di sinistra – saranno altrettanto soddisfatti di questa nascita. Al punto di votare in massa per la nuova lista. Bisogna farlo con delicatezza, per quanto possibile. Perché in un momento così terribile nessuno ha il diritto di uccidere un entusiasmo, per quanto piccolo o magari mal fondato. E perché, è vero: non abbiamo più voglia di prendere atto di fallimenti e insuccessi. “Non facciamo troppo i difficili”, pensano in molti: “prendiamo quel che si può, e tiriamo avanti”. E poi, nell’Italia di Salvini, Berlusconi, Renzi, quale persona di buon senso e con un cuore normalmente a sinistra potrebbe dare la croce addosso a Civati, Fratoianni, Speranza, o all’ottimo Piero Grasso?

E però. E però non si può tacere. Perché se vogliamo che questa Italia non sia più appunto quella di Salvini, Berlusconi, Renzi, non possiamo continuare a fare quello che si è fatto a Roma: continuare a perdere ogni occasione di svolta. Perché il succo della vicenda è che tre partiti (due piccoli, uno minuscolo) hanno fatto una lista comune. Hanno costruito un’assemblea dividendosi le quote di delegati. Che sono tutti loro iscritti tranne un piccolissimo numero (meno del 3%, cioè circa 40 sui 1500, cui però si aggiungono altri “interni” al sistema, e cioè quasi 200 membri “di diritto”: parlamentari, assessori, sindaci…). Niente di male: ma questa è la cucitura del vecchio, non c’è niente di nuovo. È un progetto fatto per chi è “dentro” la politica, non è un progetto capace di parlare a chi è fuori. Ed è perfino umiliante che quella “società civile” alla quale non si è voluta cedere sovranità attraverso una partecipazione vera e senza piloti occulti, sia poi stata chiamata a fare da “centrotavola” attraverso dei “testimonial”. Come alla Leopolda, nella peggiore tradizione del marketing politico.

L’aspetto ironico è che poi questi delegati non hanno fatto che “acclamare” un capo deciso altrove: senza nemmeno votarlo. “Il Fatto Quotidiano” l’ha definita una cerimonia: ecco, non era un’assemblea, era una bella cerimonia. E allora perché, ci si chiederà, blindare con tanta ferocia le quote dell’assemblea? Ma perché sarà poi questa stessa assemblea a dover ratificare le decisioni delle tre segreterie sulle candidature e i loro criteri, e cioè sull’unica cosa che venga ritenuta importante. Ma torniamo alla cerimonia. Nessuna persona di buon senso ce la può avere con Pietro Grasso: anzi, sarà un piacere avere una voce come la sua nella canea dei leaders politici italiani. Ma è fin troppo scoperto il gioco che ha portato Grasso all’incoronazione di ieri: il gioco di un calcolo mediatico (non fatto da lui, sia chiaro: ma su di lui). Un calcolo fatto sui sondaggi. Una scelta di palazzo: ombelicale, priva di fantasia. Senza un grammo della forza che hanno, per esempio, le storie di Pablo Iglesias, Jeremy Corbyn, Alexis Tsipras, Bernie Sanders. E il dettaglio per cui sul simbolo dovrebbe essere scritto “Liberi e uguali per Grasso” suona come una drammatica smentita del nucleo più carico di futuro della Sinistra che ancora non c’è: tutto quello che sta cambiando in meglio il Pianeta è fondato sul “Noi”, non sull’ “Io”, sulla comunità e non sul capo. Per questo, la fotografia dei quattro piccoli capi insieme al grande capo – tutti maschi – della “nuova sinistra” rischia di essere il rovesciamento simbolico di tutto quello che potranno dire.

Il vicedirettore dell’Huffington Post, Alessandro De Angelis, ha detto,  a “mezzorainpiù”, che “ci voleva più cuore”, più coraggio, più radicalismo, più voglia di cambiare: perché così si sta costruendo solo un piccolo “Pd dal volto umano” che non recupererà né i voti degli astenuti, né quelli dei 5 stelle. Lo penso anche io. E lo penso anche perché  il capo è stato acclamato senza un progetto. Senza un programma. Senza aver prima esplicitato quale visione del paese abbia questa nuova forza elettorale. E senza aver chiarito quale rapporto c’è – se c’è – tra quella visione e la scelta del leader. C’è, è vero, un manifesto di cinque cartelle: che conosco bene perché ho contribuito a scriverlo anche io. Ma proprio per questo so che è solo una sommaria dichiarazione di direzione. E soprattutto so quanta fatica si è dovuta fare per arrivarci. E so che se un vero programma non è stato presentato è perché su molti nodi cruciali non c’è accordo, tra i contraenti.

Un aneddoto, che serve a spiegare cosa intendo. Nella prima versione di un lungo testo che Guglielmo Epifani (incaricato da Mdp della trattativa per quel manifesto) ci propose, si leggeva questa imbarazzante frase: “Vanno eliminate le forme contrattuali più precarie, e i contratti a termine privi di casuale, il lavoro precario deve essere più costoso per l’impresa rispetto a quello stabile, e vanno introdotti elementi di costo aggiuntivi per le imprese che non rinnovino o stabilizzino. i contratti a termine”. Quello stesso giorno, per puro caso, Papa Francesco aveva detto: “Anche il lavoro precario è una ferita aperta per molti lavoratori (…). Precarietà totale: questo è immorale! Questo uccide! Uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia, uccide la società. Lavoro in nero e lavoro precario uccidono”. E niente: è tutto qua. La distanza abissale tra il linguaggio del Papa e quello dell’ex segretario della Cgil è la distanza che una nuova Sinistra avrebbe dovuto esser capace di coprire. Non ci riuscimmo allora: chiudemmo su quelle poche pagine, rimandando al dopo un lavoro serio sul programma. Che però avrebbe dovuto esser fatto prima della presentazione della lista: perché altrimenti, di cosa esattamente parliamo? Per non fare che un esempio: cosa pensano Liberi e Uguali della riforma Fornero?

Se non è ancora possibile, a cerimonia conclusa, rispondere a questa e a moltissime analoghe domande è perché Mdp non ha ancora fatto i conti con la storia del centrosinistra. Se tutto si risolve nell’antirenzismo, se a essere profondamente rimessi in discussione sono solo gli ultimi tre anni, e non gli ultimi venticinque, nulla di nuovo potrà nascere. Il problema della presenza dei vari D’Alema e Bersani è tutta qua: nulla di personale, ovviamente. Ma se la loro presenza lì dentro impedisce di dire la verità su quello che proprio loro hanno fatto, se non si ha il coraggio di sconfessare una storia, allora il nuovo non può nascere. Durante una delle nostre discussioni, Epifani, con il suo garbo, mi disse: “Ma allora tu vuoi dire che nulla di quello che abbiamo fatto quando eravamo al governo andava bene?”. Sì, vorrei dire proprio questo. La pagina del centrosinistra alla Tony Blair è una pagina da cui liberarsi. Senza se e senza ma. E il fatto che il programma non sia ancora uscito, significa che questa liberazione non c’è ancora stata. Se, nelle prossime settimane, Mdp si mangerà Sinistra Italiana sui contenuti, come già se l’è mangiata nei rapporti di forza dell’assemblea, allora il disastro sarà completo.

È questa la principale ragione per cui chi si è riconosciuto nel progetto del Brancaccio non era a Roma: perché quel progetto invocava una radicale discontinuità con i governi del centrosinistra (che hanno sfigurato l’Italia non meno di quelli del centrodestra), una totale democraticità del percorso, una alleanza tra cittadini e partiti, un e un nuovo linguaggio radicale capace di riportare al voto gli astenuti e di contendere i voti non tanto al Pd, quanto ai 5 Stelle. Nulla di tutto questo c’è, nella “nuova proposta” di Liberi e Uguali. Certo, molti di noi la voteranno comunque: per mancanza di meglio. Ma è davvero impossibile non dire che questo è l’estremo tentativo di rattoppare il vecchio, non è l’inizio di qualcosa di nuovo. Per il nuovo bisognerà lavorare ancora molto, duramente e per altre strade. Lo faremo: non c’è altra scelta”. (Tomaso Montanari, “Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza”).

Settore della pesca in ginocchio, in particolare nella zona di Oristano, a causa di una vera e propria emergenza cormorani. A denunciarlo è stato il deputato Mauro Pili, in un’interrogazione al ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. “L’economia ittica legata agli stagni del Sinis-Oristano-Cabras – ha affermato il parlamentare sardo – è in ginocchio in seguito al proliferare dei cormorani, divenuti una calamità naturale. Si tratta di un vero e proprio disastro per i pescatori, con particolare riferimento a quelli del consorzio Pontis di Cabras, guidati del presidente Giuliano Cossu, che ha rivolto un pressante appello perché il governo intervenga rapidamente per arginare e fermare questo devastante prelievo ittico dalla laguna. La Regione e il governo non danno strumenti per contrastarli, né fondi per far fronte ai disastri che stanno creando, in un sito “sito di rilevanza internazionale”. Si tratta –ha detto ancora Pili – di circa 15 mila cormorani, che per cibarsi mangiano giornalmente intorno a 500 grammi di pesce, per un totale stimato di 6/8 tonnellate complessive. Ma i danni non si fermano al solo prelievo diretto, che è l’aspetto palese del problema, perchè occorre prendere in considerazione anche altri fattori”. Ad esempio, lo stress dovuto all’attività predatoria limita l’accrescimento e aumenta la mortalità delle specie da pescare; un’altra grossa fetta non consumata dai cormorani, è inutilizzabile in quanto non è commercializzabile; cresce la diffusione di malattie. Come se non bastasse questi uccelli mangiano anche “specie-foraggio”, ovvero il pesce meno pregiato e di scarso valore commerciale, ma che rappresenta fonte di cibo naturale per quello pregiato. In questa situazione – ha sostenuto Pili – non sono sufficienti i fondi messi a bilancio dalla Regione per ristorare le imprese agricole che hanno subito un danno a causa della fauna selvatica. Oltre a non veder riconosciuti i danni, i pescatori non riescono ad avere dalla Regione neppure gli strumenti per difendersi dai cormorani. Gli unici mezzi che si possono utilizzare per allontanare gli uccelli predatori sono dei dissuasori, come le reti anti-uccello che, oltre ad essere costose (in termini di materiali e manutenzione), sono limitate ad aree poco estese, e hanno un certo impatto ecologico, in quanto impediscono l’accesso alle specie non bersaglio e possono causare la morte di altri uccelli che vi rimangono intrappolati. L’altro sistema autorizzato è quello dell’utilizzo dei cannoni a salve. Si tratta di soluzioni costose, perché richiedono lo spostamento in motoscafo, e spesso sono inefficaci. I cormorani sono uccelli intelligenti che, appresa l’inefficacia dello sparo, continuano indisturbati la loro attività predatoria. I cormorani sono in continuo aumento. Da ottobre è ricominciata l’invasione, che si protrae fino ad aprile; un arco di tempo che si sta allungando sempre di più”. Di fronte a questo quadro, Pili ha chiesto al ministro “…un piano immediato per fermare questo disastro ambientale e naturalistico che sta mettendo a repentaglio la stessa vita della laguna; iniziative perchè siano risarciti i pescatori per questo danno ingente; un programma per promuovere il rilancio e la tutela della laguna e dell’attività ittica della zona che occupa oltre mille persone”.

Associazioni, gruppi politici, privati cittadini e, per la prima volta, un’apposita pagina Facebook di oltre mille iscritti costituita appositamente. Questi alcuni dei soggetti portatori di interessi diffusi, pubblici o privati, che partecipano al procedimento dell’Ufficio Suape del comune di San Vero Milis, relativo all’espropriazione di uno specchio acqueo di 7.200 mq di mare in località Su Pallosu per realizzare un campo ormeggio per 32 imbarcazioni. “Un’opposizione popolare forte e motivata – scrivono le associazioni – per una scelta non condivisa e non partecipata dalla comunità locale”. Il richiedente è un’associazione sportiva dilettantistica che ha sede a Riola e l’11 dicembre scadrebbe il termine. “Ci auspichiamo che sindaco, giunta e consiglio comunale di San Vero – scrivono le associazioni in un comunicato – respingano senza appello un progetto che è sbagliato e pericoloso nella sua localizzazione. L’intervento, che comporterebbe nell’area della concessione entro 100 metri dalla costa il divieto di balneazione e pesca, va a ledere i diritti dei cittadini, dei turisti e dei pescatori, va bocciato senza se e senza ma, anche perchè è incompatibile con il Puc (Piano urbanistico comunale) e il Può (Piano di utilizzo del litorale). Il primo, infatti, sottopone a vincolo archeologico tutta l’area, e il secondo non prevede nell’area richiesta la realizzazione di campi boe. Sottraendo un rilevante spazio di mare alla collettività, per dare a pochi un ormeggio, si va a compromettere turismo e pesca, visto che il litorale di Su Pallosu è da sempre apprezzato e amato dalla comunità locale e interessato da un flusso turistico storico. L’area individuata è la settima spiaggia sarda a rischio erosione, secondo gli studi della Regione, e non è mai stata usata, storicamente, per l’ormeggio delle imbarcazioni, che sono sempre rimaste molto più a sud, nell’approdo di Sa Marigosa, Inoltre – si legge ancora nella nota -, nel progetto presentato sono assenti relazioni e studi riguardanti l’iterazione con il Progetto antierosione già finanziato dalla Regione”. Secondo le associazioni è anche “…completamente assente, nel progetto presentato, l’aspetto della sicurezza in mare e della viabilità in terra collegati all’intervento. Manca pure la mappatura (richiesta dalla normativa come requisito essenziale) delle praterie di posidonia oceanica. La concessione demaniale marittima si trova, infatti, incredibilmente davanti alle case del piccolo centro urbano, con gravi motivi di preoccupazione per la tutela e incolumità delle area marine circostanti, e non è indicato quale spazio verrebbe utilizzato per la messa in acqua delle barche, come il parcheggio carrelli e auto a seguito. Ringraziamo tutti coloro che hanno sostenuto e sostengono questa pagina facebook e che hanno collaborato alla stesura delle osservazioni, già inviate al comune di San Vero. Si tratta di 40 pagine fitte e motivate, accompagnate da 33 foto, che delineano l’assoluta incompatibilità dell’intervento proposto”.

 

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