ll consumo del suolo deprezza il valore culturale, identitario ed economico della Sardegna.
“I turisti stanno per lasciare l’Isola e, mai come quest’anno, diventa comprensibile l’esclamazione di molti sardi, sentita ormai da diverso tempo “beata l’ora….che se ne vanno!”.
Sì, perché finalmente si rende evidente quanto il turismo, questo turismo, non appartenga loro e quanto sia e debba essere considerato un corpo estraneo alla Sardegna. Le recenti indagini mostrano quanto sia estraneo a qualsiasi luogo.
L’enfasi con cui dagli anni Sessanta si è proposto l’isola in termini turistici è risultata un’occasione per continuare quel disastro antropologico della Sardegna, iniziato nel XX secolo, con la denaturazione culturale, in vista di un “riallineamento” alle altre regioni italiane, per arrivare al tentativo di distruzione definitiva e irreversibile, anche sul piano ambientale. Beninteso i colpevoli di tale evento non possedevano lo spessore intellettuale e culturale per paventare questo rischio; si limitarono a dar libero sfogo alla loro abilità predatoria, messa in campo, per la prima volta dopo millenni di dominazioni straniere, adesso, finalmente, anche da “predoni sardi”.
Eppure ancora oggi molti isolani preferiscono continuare a prendersela contro gli Spagnoli o contro i Savoia, i quali, forse non sono stati grandi estimatori della Sardegna e l’hanno usata, ma c’è da ricordare come abbiano agito in tempi di totale assenza di sensibilità culturali e di norme a difesa di ambienti e costumi ritenuti, oggi, preziosi e, in quanto tali, da non poter essere oggetto di sfruttamento intensivo.
Anche fra essi esistevano persone illuminate: si pensi ad Alberto Lamarmora, che tutti i Sardi dovrebbero conoscere, il quale, pur nobile e vicino alla corte di Torino, apprezzò la Sardegna al punto di dedicarle una vita di studi e di ricerche e di indicare come “Attila!” il concessionario del disboscamento dei monti dietro Domusnovas.
Mai, o quasi mai, si è sentito un amministratore sardo attuale inveire contro chi attenta alla cultura e all’ambiente della Sardegna! Al contrario si porta avanti il “Disegno di legge sul governo del territorio” che darà il colpo di grazia, perchè rispetto ai precedenti, i “predoni sardi” attuali esercitano, o tentano di esercitare, la loro abilità in controtendenza alla cultura internazionale e a dispetto della Costituzione e delle leggi conseguenti, nel tentativo di eluderle, comportandosi da delinquenti ma riuscendo a non apparire tali.
Nessuno può dare del delinquente a chi dice di creare lavoro. Anzi, verso costoro, gratitudine eterna e….voti! Nel passato, perchè oggi assistiamo ad una sconfessione nelle elezioni di quel ceto politico e delle loro scelte.
Ma perché oggi in Spagna si sta retrocedendo rispetto alle scelte degli anni Settanta che portarono alla realizzazione della “Costa del Sol” e si stanno abbattendo le brutture prospicienti quelle spiagge, e ancora, perché sessant’anni fa si decise che nelle coste di Capri non si potesse costruire più nulla?
Questo modo di intendere la Sardegna ha portato al turismo con le caratteristiche che vediamo: consumo del territorio per l’edificazione di una forma di accoglienza facilmente individuabile, enucleabile come un tumore, in quanto isolata, perché diversa dal contesto. Non solamente per i milioni di metri cubi edificati nella costa, il più delle volte così osceni e brutti, da far risultare l’intervento dell’Aga Kahn nel territorio della costa nord-occidentale ben meno umiliante e avvilente di altri, ma per la necessità di rivolgere un’analisi più complessa alle caratteristiche dell’accoglienza, la quale appare ancora una volta tesa più a proporre un’offerta consumistica standardizzata e, quindi anche in questo caso, a distanza di un secolo, riallineabile anche ad un livello intercontinentale questa volta.
Oggi, quindi, è possibile trovare gli stessi stilemi dell’accoglienza massiva, in Florida come a Rimini e a Tuerredda, con allineamento di ombrelloni e sdraie, impianti stereo roboanti di musiche “americane” (ci mancavano, per il rischio di non non sentirci in un supermarket), consumo di alimenti nelle spiagge, quindi chioschi sempre più impattanti, disboscamento per realizzare parcheggi, numeri di presenze eccessivi, in quanto incontrollati, con l’inderogabile prossima devastazione dell’arenile.
L’unica soluzione che si possa intravvedere per poter continuare ad avere e fruire di questi beni è che intanto il consiglio regionale rigetti definitivamente il “Disegno di legge sul governo del territorio”, come sostengono importanti giuristi, tecnici, accademici, intellettuali, portatori di interessi collettivi; che la Sardegna si doti dello strumento della contingentazione, che potrebbe portare a due risultati intermedi: la dilatazione delle giornate utili per un turismo non più esclusivamente agostano e forsennato, e il rispetto del bene fruibile che proposto come difeso, viene percepito dal visitatore, come bene prezioso e come tale da rispettare.
Ci sarà qualcuno in Sardegna disposto a credere che, se il Colosseo venisse distrutto, non potrebbe più essere offerto da un punto di vista turistico? Alla stessa stregua se si distruggono le spiagge o le si trasformano in qualcosa di diverso da quello che sono, ma uguale a ciò che c’è a Rimini, tanto vale evitare il viaggio e stare a Rimini.
Ci sarà, al contrario, qualcuno in Sardegna disposto a credere che l’isola tutta deve essere sentita dai sardi come un bene inalienabile da amare e difendere, affinché la possibile valorizzazione economica sia rappresentata esclusivamente dalla capacità della nostra terra, ormai unica nel Mediterraneo, di far assaporare al viaggiatore la sorpresa di una nuova conoscenza”. (Pier Giorgio Testa, Italia Nostra).
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