Giu 10

Il Mi(ni)stero della coesione sociale.

“Italia divisa, politici litigiosi, partiti in disaccordo anche al loro interno: questa frammentazione si sta riverberando negativamente sul Paese e anziché accrescerne le potenzialità le limita e le riduce.

Ci vorrebbe un Ministero della Coesione Sociale. Ohibò, ma non è quello dell’Interno? Certo la “coesione sociale” non si attua imponendo i grembiulini uguali per tutti ai piccoli nelle scuole. Né ai grandi nelle riunioni “segrete”. Non si attua neppure decidendo di chiudere i porti o di fare respingimenti insensati, ma studiando una strategia a lungo raggio, che non arrivi a malapena a settembre, a dicembre, magari perfino a gennaio del 2020. Ma pare che, oltre a questo, non si riesca a fare null’altro.

Cinquant’anni fa, in tempi di guerra fredda, si rideva dell’Urss per via dei piani quinquennali… Era un’altra epoca. Oggi chi si azzarda solo a immaginarla una cosa del genere: progettare per un lustro le attività di un Paese, programmare un indirizzo economico e mantenerlo, adottare una linea di sviluppo e seguirla? Viviamo l’età dell’incertezza (non dell’insicurezza!) eterni adolescenti e più nessuno si avventura a pensare non dico in grande, ma neppure in prospettiva.

La nostra vita si sarà anche allungata in termini di anni; di contro il suo consumo è divenuto velocissimo. E se il futuro è sempre stato nebbioso, in ogni momento storico -un’ovvietà- l’umanità ha sempre proceduto alla cieca per tentativi ed errori; più gli errori e meno i tentativi. Come la fortuna, dea bendata, ma anche come  a scienza. Rifiutiamo di imparare dall’esperienza, dal passato, dagli sbagli. Ognuno si vuol sentire nuovo sul pianeta, astorico. E lo è pure. Ma essere senza passato significa anche essere senza futuro. Il solo presente consuma i nostri giorni e ci consuma più rapidamente. Non esiste più l’attesa, non esiste più il progetto. Tutto è schiacciato in un perenne “adesso”, con l’urgenza e l’ansia che impone l’emergenza.

Allora perché non ispirarsi ai principi costituzionali (libertà, uguaglianza, democrazia, pari diritti, dignità della persona) e attuarli nello spirito che fu dei padri costituenti? Nell’intento di ‘copiare’ il meglio di ciò che è stato, in vista di un domani meno negativo e brancolante. Senza inventarsi nulla di “assolutamente inedito”. Lasciandosi ispirare da quanto è stato già fatto di buono e riunendosi attorno a principi e ideali che non sono superati, come vorrebbero alcuni, hanno solo parole nuove. Per esempio la “connessione”: perché vogliamo essere sempre connessi con gente di cui non ci importa un bel nulla, che spesso neppure conosciamo? Per sentire cosa fa, cosa dice, cosa pensa? Se è più o meno simile a noi, se è più brava? Per confrontarci, discutere, parlare.

Nelle celebri “Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence”, Montesquieu esalta la Roma repubblicano-senatoria, raffigurata da Tito Livio: la grandezza dei Romani fu il frutto delle loro virtù, per la saldezza e coesione sociale che esse produssero, mentre la loro decadenza fu causata dal venir meno di questa coesione  E della loro mancanza, così come della loro decadenza, ce ne rendiamo ben conto dal momento che la Roma odierna è assolutamente imparagonabile all’antica.

Oggi la coesione sociale è data principalmente dai “social”, che veicolano ogni genere di comportamento, idea, proposta. I politici più furbi se ne sono accorti e la sfruttano a fini elettorali, propagandistici, personalistici. Il fatto è che sui “social” gira anche qualsiasi genere di falsità, scempiaggine, aggressività gratuita e nociva. Come depurare il flusso alla fonte? Non si può, pena la censura. L’unica possibilità è l’esercizio del pensiero critico, singolo e individuale, la capacità di non farsi coinvolgere contro il nostro intento in battaglie sbagliate, per conformismo, timore, solitudine. Insomma, l’antico rimedio di pensare con la propria testa. Le risorse sono sempre i giovani, la cultura e l’informazione, con l’aggiunta della tecnologia. Che poi forse, chissà, dal momento che la storia non si ripete mai uguale, vuoi vedere che magari da tutto questo ne esce pure qualcosa di originale e innovativo?”. (Rossella Guadagnini,www.micromega.net).

“La Grande Prosa” firmata Cedac ritorna nella città di Eleonora. All’auditorium dell’Istituto Tecnico Mossa di Oristano, tra giugno e luglio, si svolgerà la stagione teatrale 2018-2019, con nomi di punta della scena nazionale e isolana, per un cartellone che sposa ironia e poesia tra raffinati recitals e preziosi intrecci di parole e musica, nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna. La rassegna sarà presentata nel corso di una conferenza stampa, mercoledì 12 giugno, alle 10.30, nella sala giunta del Comune di Oristano. Saranno presenti il sindaco Andrea Lutzu e l’assessore alla Cultura Massimiliano Sanna, il commissario della Provincia Massimo Torrente, e i responsabili del Cedac.

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