Remdesivir antivirale specifico per Covid-19: primi risultati della sperimentazione.
La pandemia dovuta al Sars-Cov-2 sembrava non arrestarsi, solo le misure restrittive alla libertà personale della circolazione attuate tramite il distanziamento sociale si sono dimostrate efficaci.
Iniziate dalla Cina, ora quasi quattro miliardi di individui sono stati sottoposti a queste restrizioni, in Italia dopo quasi due mesi, siamo riusciti a riportare la situazione ad un livello gestibile dal punto di vista delle strutture sanitarie e di numero di nuovi contagi. Il mondo scientifico ha reagito immediatamente e ha messo in campo uno spiegamento di forze ineguagliabile, condividendo risultati e informazioni a livello globale. Si sono testati quasi a tappeto tutti i farmaci già in commercio nella speranza di identificarne di attivi contro questo virus, particolare.
Attenzione è stata rivolta agli antivirali, antibatterici e antiparassitari.
I risultati all’inizio sono stati confusi perché non si applicava uno studio clinico rigoroso e si sono create molte false speranze. Dopo questa prima ondata di risultati ambigui, la comunità scientifica e anche le autorità hanno chiesto a gran voce di svolgere degli studi rigorosi anche in questa situazione di grande emergenza. L’organizzazione Mondiale della Sanità e le agenzie di autorizzazione degli studi clinici hanno quindi attivato solo protocolli sperimentali rigorosi per avere risposte certe. In maniera eccezionale, chi ha proposto studi clinici ha accettato di condividere i risultati intermedi. Questa procedura è inusuale perché solitamente i risultati vengono divulgati solo a studio completato, ma trovandoci in una situazione di vera emergenza condividere i dati significativi intermedi è vitale.
In questo contesto sono stati rilasciati i dati intermedi dello studio di efficacia e tossicità di un farmaco sperimentale antivirale dal nome Remdesivir. Questo farmaco fu sviluppato per Ebola, venne sperimentato fino a fase clinica 3 dove si dimostrò inefficace per questo virus. Il suo meccanismo di azione è specifico per la replicazione dei virus, infatti si è dimostrato efficace anche contro la Sars, Mers che sono virus strettamente correlati al Sars-Cov-2.
Anthony Fauci, Direttore dell’US National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) e consulente scientifico del presidente degli Stati Uniti, il 29 aprile ha annunciato i risultati parziali dello studio clinico. Lo studio, per ora, ha incluso 1000 pazienti arruolati. I pazienti che hanno preso il Remdesivir hanno avuto una remissione in 11 giorni contro i 15 di media. Il farmaco ha dimostrato migliorare lo stato dei paziente nel 33% dei casi. Lo stesso Fauci afferma che è un risultato incoraggiante e promettente, dimostra la capacità del farmaco di bloccare il virus. Ha anche sottolineato che agli albori della lotta per Hiv, un farmaco con un meccanismo di azione simile a quello del Remdesivir, chiamato Azt, aveva dato risultati incoraggianti nella prima fase simili a quelli ottenuti con questo farmaco per Covid-19. In seguito, capitalizzando su questi risultati iniziali, migliorando il disegno degli studi clinici, l’Azt diventò un farmaco salvavita essenziale per combattere l’Hiv.
Lo stesso giorno, il 29 aprile, la casa produttrice ha rilasciato i dati di un altro studio clinico chiamato Simple, in cui il Remdesivir veniva dosato a pazienti ospedalizzati con manifestazione severe di malattia per 5 o 10 giorni. Anche in questo studio ha dimostrato una efficacia equivalente nei due trattamenti, aprendo la possibilità di trattare solo per 5 giorni i pazienti mantenendo la stessa efficacia. Lo studio è stato ampliato con l’arruolamento di 5600 pazienti includendo quelli ventilati meccanicamente. Lo studio è condotto in 180 siti in tutto il mondo, includendo stati Uniti, Cina, Francia, Regno Unito, Germania, Svizzera, Italia, Giappone, Hong Kong, Corea, Spagna, Svezia, Singapore Taiwan, Netherlands.
Se lo studio ampliato confermasse i dati positivi iniziali significherebbe raddoppiare il numero dei pazienti da poter trattare avendo a disposizione lo stesso numero di dosi. Questo farmaco sarebbe estremamente utile, potenzialmente un salvavita, nell’attesa della conclusione delle sperimentazione clinica e della produzione su larga scala e approvazione del vaccino. (Beppe Grillo, www.beppegrillo.it).
Per la prima volta al mondo un candidato vaccino contro il nuovo coronavirus ha neutralizzato il virus nelle cellule umane. Lo ha detto Luigi Aurisicchio, amministratore delegato della Takis di Pomezia che ha messo a punto il vaccino, spiegando che il test fatto allo Spallanzani è stato possibile grazie all’esperienza dell’istituto, che dopo avere isolato il virus ha messo a punto un metodo per verificare l’efficacia di vaccini e molecole direttamente sul virus.
“Grazie alle competenze dello Spallanzani, per quanto ne sappiamo, siamo i primi al mondo ad aver dimostrato la neutralizzazione del coronavirus da parte di un vaccino. Ci aspettiamo che questo accada anche nell’uomo”, ha detto ancora Aurisicchio. “Stiamo anche esplorando altre interessanti piattaforme tecnologiche in collaborazione con la LineaRx, un’azienda americana. Alcuni vaccini hanno ricevuto importanti finanziamenti e hanno già iniziato la fase clinica in altri Paesi. Noi ce la stiamo mettendo tutta perché un vaccino che nasce dalla ricerca italiana, con una tecnologia tutta italiana e innovativa, venga sperimentato in Italia e messo a disposizione di tutti. Per fare questo – ha rilevato – abbiamo bisogno del supporto delle istituzioni e di partner che ci aiutino ad accelerare il processo: questa non è una gara e insieme possiamo vincere tutti contro il coronavirus”.
La sperimentazione sui topi
“I risultati ottenuti ad oggi sono incoraggianti e ben oltre le aspettative: dopo una singola vaccinazione, i topi hanno sviluppato anticorpi che possono bloccare l’infezione del virus Sars-CoV-2 sulle cellule umane”, ha detto Aurisicchio. Dopo avere osservato che i cinque candidati vaccini generavano una grande quantità di anticorpi, i ricercatori hanno selezionato i due con i risultati migliori.
Dai topi agli esseri umani
Dal sangue ricco di anticorpi è stato isolato il siero e quest’ultimo è stato analizzato nel laboratorio di Virologia dell’Istituto Spallanzani. “Avevamo visto la quantità di anticorpi indotta, ora vediamo che gli anticorpi riescono a bloccare il virus”, ha detto Aurisicchio. “Il prossimo passo – ha aggiunto – è capire quanto tempo dura la risposta immunitaria”.
Tutti e cinque i candidati vaccini si basano sul materiale genetico della proteina Spike, la punta molecolare che il virus usa per entrare nelle cellule umane, e sulla tecnica della elettroporazione, che consiste in un’iniezione nel muscolo seguita un brevissimo impulso elettrico per facilitare l’ingresso del vaccino nelle cellule e attivare così il sistema immunitario.
“Il disegno molecolare dei nostri vaccini ha tenuto conto di una serie di importanti parametri per generare anticorpi funzionali contro la proteina Spike, in particolare contro la regione che si lega alle cellule del polmone dell’uomo”, ha osservato il direttore dell’area Anticorpi monoclonali della Takis, Giuseppe Roscilli. Per il direttore dell’area Malattie infettive dell’azienda, Emanuele Marra, “ad oggi, la risposta immune generata dalla maggior parte dei nostri cinque candidati ha un effetto sul virus. Ci aspettiamo risultati ancora migliori dopo la seconda vaccinazione”.
Un’altra caratteristica dei candidati vaccini è la capacità di adattarsi all’evoluzione del virus e alle sue eventuali mutazioni, ha osservato il direttore del programma NeoMatrix dell’azienda, Fabio Palombo. “Stiamo già lavorando a un processo modificabile nel giro di poche settimane, qualora il virus accumuli mutazioni – ha spiegato – e diventi invisibile al sistema immunitario: lo stesso concetto che usiamo per sviluppare i vaccini contro il cancro”. (www.tiscali.it).
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