Ott 07

ll prezzo del pecorino cresce, senza Salvini. Dov’è l’assessore all’agricoltura? (di P. Maninchedda).

“Siamo in pochissimi a ricordare le scene rozze e selvagge, violente e inutili, della protesta elettorale del latte durante la campagna elettorale del 2019.

Quelle con la polizia che assisteva ai saccheggi delle cisterne, quelle delle manifestazioni contro il Consorzio del Pecorino Romano al grido di “Maiale, scendi” rivolto a Salvatore Palitta, presidente del Consorzio.

Allora il ministro degli Interni era Matteo Salvini, lo stesso che prometteva il prezzo politico del latte a un euro.

Ovviamente Salvini non ha fatto un fico secco. L’unico provvedimento a suo tempo realizzato dal Governo Grillin-Leghista (ministro dell’agricoltura quel Centinaio che quando veniva in Sardegna riceveva omaggi così feudali dalle associazioni di categoria da imbarazzare il più specilizzato dei cortigiani) è quello che in pochi allora dicemmo fosse necessario e che era ed è vecchio come il cucco: l’acquisto di formaggio per distribuirlo agli indigenti, in modo da svuotare i magazzini. Per far questo, non servivano le violenze e tantomeno le smargiassate leghiste in piazza Eleonora, che però feccero vincere le elezioni (insieme a scelte familistico-urban-fighettiste della Sinistra napolitanesca, quella che si rifiutò di affermare che la Sardegna è una Nazione e ancora si rifiuta di farlo).

La notizia di oggi è (incredibilmente valorizzata dalla Nuova, che a seconda di chi c’è in redazione fa un giorno un giornale di opposizione e un altro un giornale salivato per la Giunta) che il prezzo del Pecorino Romano è salito a 7,55 euro al chilo nonostante (e qui viene il bello):
– le esportazioni negli Stati Uniti siano diminuite del 28%;
– il latte prodotto destinato al Pecorino Romano sia aumentato del 12% (oltre 250 milioni di litri di latte in più), perché durante i mesi del lockdown il latte tradizionalemnte destinato ai molii e ai freschi si è riversato sul bene rifugio Pecorino Romano;
– la Regione Sardegna non abbia alcuna politica agricola e da qualche mese non si capisce se abbia ancora un assessore all’agricoltura.

ùA cosa è dovuto il risultato? A una politica seria, dura, disciplinata ed efficace messa insieme da produttori, trasformatori e Consorzio, cioè da sardi e da sardi senza intermediari, cioè senza l’inchino alla Coldiretti (sempre lodata sia in cielo, in mare e in terra, ma a distanza! Costa troppo!). È questa gente seria che ha fatto aumentare la domanda dei consumatori al dettaglio, per cui oggi il Pecorino romano Dop è la terza scelta dopo Parmigiano e Grana.

Sono questi che non picchiano nessuno, che non saccheggiano nessuno, che non insultano nessuno e che non leccano il villoso deretano di nessun tycoon che hanno fatto aumentare le esportazioni verso la Cina del 147%, ancora per quantità basse (150 quintali circa) ma con un trend importante. È la seconda esperienza (dopo Arborea) di agroalimentare sardo che riesce ad entrare bene nel più grande mercato asiatico e conferma che avevo ragione quando, da assessore regionale ricordavo che ai cinesi bisognava dar da mangiare e non farsi mangiare.

La Sardegna non merita l’inedia agricola della Giunta Solinas, non merita il ridurre tutto a sbrigare faccende e faccendine. Le trattorie di Cagliari sono piene di affacendati di gabinetto sfaccendati di professione, di quelli che vivono facendo piccole cortesie agli altri ma senza un’idea in testa se non quella di subordinare qualcuno con un favore. C’è la puzza del basso impero degli eunuchi, quelli che fronteggiavano la rovina dell’Impero con intrighetti di corte”. (Paolo Maninchedda, www.sardegnaeliberta.it).

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